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Gileppo’s: essere Ninja è triste

Il lavoro è fondamentale.
Ne ho le prove.
Per un free lance l’estate può essere letale, anche se il sole, nel cielo di Torino, splende da soli due giorni e d’estate è difficile parlare.
Accade cosi che Gi esce per alcune faccende di molto femminili (deforestizzazione mensile obbligatoria), lasciando Leppo, in attesa di commissioni, solo a casa.
Lo lascia al lavello, impegnato nella vesselle quotidiana.
Torna Gi, dopo circa un’ora e Leppo è spappardellato sul divano giapu rigorosamente Ikea.
E’ buono come un bimbo davanti a un cartone animato:
– Studio.  – Dice.
– Che cosa? – La lubranesca domanda è d’obbligo.
– Inglese.
Gi lancia un occhio allo schermo catodico trentun pollici: un documentario sui Ninja, effettivamente in lingua inglese.
A Gi pare una buona cosa che Leppo guardi un documentario in lingua inglese sui Ninja (giapu), divanizzato sul futon (giapu-svedese),  montato con il sudore della sua fronte (italiana).
Ma d’altra parte l’ha sempre pensato: Leppo è un creativo inconsapevole.
Gi lo lascia al suo studio e si chiude nello Studio per studiare a sua volta. Una coppia di studiosi, pare.
Passa un’ora.
Gi ha un impellente necessità di caffeina e torna in cucina, là dove Leppo è tutto concentrato nelle sue marziali visioni.
Gi, così, tanto per giocare, lo attacca.
Leppo, che ha riflessi spaventosamente affinati, la immobilizza in un nano secondo:
– Attenzione, con un solo colpo, adesso, potrei lasciarti per morta.
Vero, Gi non ci aveva pensato.
– Quale?
Leppo si alza e simula due mosse:
– Con questo colpo ti blocco immediatamente il battito cardiaco – finge di dare a Gi un pugno in pieno sterno – con quest’altro … – fa scena di colpirla in piena fronte, nello spazio tra i due occhi – non mi ricordo, ma fa male!
Gi sgrana gli occhi:
– Violenti questi Ninja.
– Al contrario dei Samurai i Ninja utilizzano tecniche non convenzionali.
Va forte il ragazzo con l’inglese!
– Ma che fanno i Ninja?  – Chiede Gi, curiosa.
– In che senso? Combattono…
– Questo l’ho capito. Mi sfugge la ragione.
Leppo si chiude per un attimo in un silenzio meditativo.
– Fino al milleottocentosessantotto erano spie del Giappone Feudale. – Risponde tutto soddisfatto di scoprirsi così preparato.
– Ma il ruolo del Ninja nella società contemporanea , qual’é?
Leppo guarda Gi.
Gi guarda Leppo.
Silenzio inquietante.
– Voglio dire: dal milleottocentosessantotto a oggi, ‘sti Ninja, che hanno fatto?
– Hanno vissuto un’esistenza di profonda solitudine e dolore.

Gileppos meet people: Beauty & the Beast

Io, contro il comitato marxista-leninista non ho nulla, né antidoti, né inibitori. Nulla.
In fondo li trovo caratteristici, un po’ come Gianduja e Colombina.
Alle quattordici e trenta suona il campanello. L’ora perfetta per i rappresentanti di dio e per quelli della Folletto. Apro. Il ragazzetto che mi trovo di fronte, forse ventidue-ventitre anni, indossa un paio di jeans stone bleached, una camicia a righe sottili grigiazzurrine – diligentemente infilata nella cintola – portata con le maniche arrotolate di poco sotto il gomito, sul naso ha appoggiati un paio di occhiali con montatura di metallo (giurerei titanio, ma giurare porta male) e dal taschino della camicia ammicca un pacchetto di Marlboro Light. Rasato, ben pettinato e dinoccolato il giusto per l’età, mi saluta con un bel sorriso lucidato di fresco:
– Compagna, posso chiederti un contributo per il nostro giornale? (n.d.r. Lotta Comunista: poco più di un feuilleton per dimensioni e contenuti).
– Puoi – dico, e il giovane modello nuova rivoluzione allarga la coda e mostra il piumaggio variopinto.
Io appoggiata alla porta. Lui di fronte. Mi guarda. Lo guardo. Silenzio. Poi:
– Compagna ce lo daresti un contributo per il nostro giornale?
– No. – Sorrido mostrando, a mia volta, l’accurata detartrasi non più vecchia di due settimane.
Il giovane modello nuova rivoluzione si affloscia come un soufflé preparato male:
– Ma compagna, solo un euro!
– No, e non è una questione di prezzo.
– Ma sei una compagna no?
– Non so, definisci compagna!
Mi scruta, credo mi creda una superba imbecille, ma non demorde:
– No, intendo: non sei per Berlusconi.
– No.
– Dunque sei dei nostri?
Pausa. La pasta rosa dei dentisti fa miracoli: sono tutta splendori e luccichii:
– Intendi chiedermi se sono di sinistra?
Pausa. Gli occhietti marroni da dietro le lenti sbattono un poco.
– Si… – dice, ma non sembra troppo convinto e cambia discorso – …sai noi facciamo anche dei corsi, ti interesserebbe il prossimo: Cosa penserebbe Marx di Berlusconi?
– Tanto quanto potrebbe interessarmi cosa pensa mia nonna, morta, di una nuova pasta biadesiva per dentiere.
– Ma sei contro Berlusconi, e sei di sinistra!
Poverino, non se ne capacita. Ha di fronte una ragazzetta (per dimensioni e non per età, purtroppo) che calza tasconi di cotonaccio sbiaditi da carpentiere e una canotta da manovale, praticamente una visione proletaria (C’è del mistico in via Tunisi) e non riesce a comunicare con lei.
Eppure sembra simpatica, sorride, è gentile, non lo caccia come di solito viene cacciato.
Sempre io e lui. Domande continue a cui seguono no continui. Pare un rosario.
Dopo poco si sente il rumore di una porta che viene aperta. Passi pesanti si dirigono verso di noi. La porta alla quale sono comodamente appoggiata si spalanca all’improvviso:
– Insomma ti ha detto di no: NO! (sottinteso: sottospecie di Bimby umano macina-frulla- impasta-cuoci gonadi). E’ ‘Leppo. the Beast, il più temuto dai lavoratori porta-a-porta.
Il giovane modello nuova rivoluzione (che a vedersi parrebbe più un cabinotto ciellino) indietreggia un poco spaventato:
– Ma lei ha detto che è comunista?
‘Leppo scalpita, mi lancia un’occhiata che vuole dire: maperchècazzodaisemprecordattutti. Poi si gira verso di lui:
– Ah, dunque ci senti! E capisci!
Io guardo la scena: meglio dei duelli della Domenica In.
Il ragazzetto non risponde, e a me non mi si fila neanche più, ormai ha occhi solo per lui:
– Compagno, tu mi daresti un piccolo contributo per il nostro giornale?

Gileppo’s: sono un piccolo boss locale

E’ un giochetto che faccio spesso.

Inserisco nomi e cognomi delle persone che conosco su google e poi leggo.
In pratica mi faccio i cazzi di tutti quelli che posso. Che poi, se trovo qualcosa, voglio dire…è pubblico no?

Lo stesso gioco lo faccio con me.

E’ così che ho scoperto il "grazie" di Michele (ancora me lo chiedo Michi, ma per cosa?) pronunciato quando si è dimesso dalla sinistra giovanile di fronte a un centinaio di persone, per lo più a me sconosciute, che si saranno giustamente chieste ma ‘sta  ********  **** chi cazzo è?

Legittimo.

Anche stasera. Inserisco nome e cognome, miei. Le solite cose nelle prime pagine. Poi mi fermo.

No, questo non l’avevo ancora visto. Mi ci fiondo. (Noblesse oblige)

Tale Silvia (chi é?) scrive sul suo blog che mi ha incontrata all’università, e aggiunge: molto conosciuta in ambiente dams perché rappresentante degli studenti (e no che non lo sono più Silvia, direi che quattro anni di fegato spappolato siano stati più che sufficienti) e piccolo boss locale. ????

E si rallegra, la Silvia, perché, a quanto pare, tempo fa le tirai su il morale per un esame (informatica) dicendole che l’avevo provato sei volte.
Ora, può essere che abbia detto sei volte, perché sono così, un po’ esagerata. (e per la cronca l’ho provato comunque quattro, passandolo con un misero 24) ma che la Silvia si rallegri di questo…

E’ felice: c’è qualcuno messo peggio di me (scrive).

E capisco. Se a essere messo peggio di te è un piccolo (sarà per i miei 160 cm?) boss locale c’è di che rallegrarsi.

Così leggo. Scoppio a ridere. Una risata piena. Gustosa.
 A. mi guarda. Non che si stupisca, è abituato alle mie uscite estemporanee. Ma è curioso.

Racconto. Ride anche lui. Potrebbe non farlo? Sono cinque anni che mi prende per il culo dandomi della bulla. La bulla un poco grulla, io dico.

E mi viene in mente che qualche sera fa, durante una di quelle discussioni inquietanti tra fidanzati (così classica che anche David – giacomino – ne sarebbe stato invidioso) mi sono partite le transaminasi e lanciando non so più che cosa sul tavolo ho detto:
– Guarda, a volte sei così tamarro che…(e salivano i valori)…che….(sempre più in alto)…. che ti darei una testata!

La risoluzione dei problemi di coppia? E’ che uno dei due sia abbastanza deficiente.
E così si è chiusa: due imbecilli in mezzo alla cucina, piegati dal ridere.

Ma, anche se scema, il boss sono io. Che sia chiaro!

Monica ha 36 anni. Tre figli. Un marito. Una casa su due piani ( tre camere, doppi servizi, cucina, sala da pranzo e garage). Due lauree (una italiana e una canadese). Due lavori (all’università di vancouver e al consolato). Conosce quattro lingue, e una di queste è l’ebraico. Ha vissuto a Israele. Ha fatto una stagione in un kibbutz. E’ bella.

Monica non è uno dei tanti personaggi dei miei racconti. No. E’ una cazzo di donna reale. Perfetta.

Non posso fare a meno di pensare:

– ho 29 anni e non mi sono ancora laureata ( e non che una laurea in dams mi cambierà mai la vita, ma così, giusto per la soddisfazione di appenderla sul muro e ricordarmi dei 7.200 euro di tasse universitarie spese per niente);

– ho sempre 29 anni e non ho un lavoro "vero" (e qui la parentesi diventa impegnativa. In sintesi, dicesi lavoro "vero": quel genere di occupazione che divora gran parte della giornata di un essere umano, che lo sostenta economicamente, che – con un po’ di culo – lo gratifica);

– ho 29 anni e non ho una strada da seguire. Mia. Appagante. Necessaria.

Ci vuole ordine e disciplina nella vita.

MAVAFFANCULO!!!!!

Ho avuto una visione pensando a Monica, e ad Alessandra (sua madre). Ho visto Alessandra, come Artemide, scoccare dal suo arco materno la frecciamonica. Tesa la corda al massimo. In alto la mira. In alto per farla arrivare lontano.

Ci vuole ordine e disciplina nella vita. Come pure un po’ di culo ogni tanto…

MAVAFFANCULODUE!!!!!!!

Così, mentre siamo sulla Gileppomobile e fuori "schizzicheja" (che non so se si scriva così, ma si dice così, e significa: pioviggina), dico a ‘Leppo: non c’è niente da fare, c’è chi nasce dritto e chi storto; io sono nata storta. E ‘Leppo prende l’accendino dal cruscotto e si riaccende la sigaretta (che quelle di tabacco si spengono in continuazione) e giustamente non mi risponde.

E fa bene, perchè qualsiasi risposta sarebbe terribilmente triste e noiosa (NONO, TU SEI LA PIù FICA DI TUTTE/I; TU SEI IL GENIO INCOMPRESO INCASTRATOI IN UNA SOCIETA’ CHE NON PUò SOSTENERE LE TUE IDEE PERCHE’ ANCORA NON LE AFFERRA; TU SEI TUTTO, TROPPO, ESAGERATA ECCO!!!).

E se, una volta a letto, non riesco a prendere sonno da sola ci penseranno le benzodiazepine a soccorrermi.

MAVAFFANCULOTRE!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

Gileppo’s christmas – meno uno

Mancano esattamente ventiquattro ore alla prima pantagruelica mangiata.
Si inizia sempre con la sua famiglia. Che poi è puro culo, perché anche nella mia si è sempre festeggiato il 24. Da Babbo Natale fino alla prima tredicesima. Poi? Non so, qualcuno ha deciso per il 25. Meglio così.

Conteggio dei regali, tutti, anche quelli per il 25 che non si sa mai! Sconforto. Nonostante i regali pensati da mesi, quelli dell’ultimo rush, quelli riciclati dall’anno passato ne manca ancora uno.
Ripassino veloce: MANCA. Niente da fare.

Nella piccola seicento che sfreccia nel traffico c’è silenzio.
E’ terrore. Panico da domenica 23 dicembre.
Soltanto 24 ore.
Torino – nord, est, sud e ovest, più colline – rovesciata sulle strade illuminate dalle Luci d’Artista (sempre le stesse, solo rimescolate per non dare nell’occhio).
Rumore.
Di voci.
Di auto.
Di nenie cantate da alberi in plastica antropomorfi: uiuissciuemerricrismas, uiuissciuemerricrismas, uiuissciuemerricrismaseneneppiniuiiir!!! E gli occhi a palla, inquietantemente appoggiati su fili verde marcio, fanno su e giù. Su e giù.
Crepitii delle caldarroste a 70 centesimi l’una, ricarico del 200%, esentasse.  Si vede che a natale sono più buone anche le castagne!
Bimbi che piangono.
Mariti che fumano.
Donne in preda a una sorta di delirio orgasmico di fronte alla vetrina di Intimissimi:
– L’hai vista AMORE, quella è la sottoveste che indossa la Bellucci nello spot di Muccino!?
Il marito guarda la sottoveste. La moglie. La commessa del negozio. Sospira.
– Ma l’hai vista? Eh? L’hai vista BENE?
Amore, l’ha vista, l’ha vista, ma forse non ti vuole dire che dentro quella mise in satin noir gli ricorderesti più lo zampone di Capodanno che il tango della Bellucci. E forse, se fai la brava e la smetti di rompere i coglioni, non te lo dirà. Forse, in un impeto di gioia natalizia riuscirà anche a mentirti spudoratamente:
– Io ti preferisco nuda.
Si, è vero. Al buio.

Mi aggrappo al braccio di A. Lui al mio. Entrambi spaventati dal defluire folle di una massa informe dallo sguardo spiritato.
– Le due bottiglie di dolcetto!!!!!! – Urla A. fermandosi improvvisamente. Luce scenica su di lui. Occhio di bue a 5000 watt e tutto intorno è nero. E’ niente. Eccolo il mio Jago, scaltro e diabolico.
– Fantastico! C’è solo un problema: lo zio ha la cirrosi e due by pass. Non mi sembra carino regalargli del vino!
– Ah. Ma quanti anni ha?
– Una sessantina…credo.
– Be’, quanto gli rimaranno: 10, 15 anni di vita… che se la goda almeno!
Finalmente a casa. Bella quest’aria di chiuso. Bello questo silenzio.
Z
I
O
Scrivo sul postit giallo che appiccico al cartone delle bottiglie.
Dopo tutto di qualcosa si deve pur morire .